Storia dell'economia (John Kenneth Galbraith)

15 May 2021, Tags: Libri

📚 Premessa

Alla sera prima di andare a letto, dopo aver salutato i bimbi mi piace guardare qualche video dei canali youtube che seguo, leggere e programmare bevendo una buona grappa secca della Poli. Tra i canali che seguo c’è quello di https://www.youtube.com/c/WhatsupEconomy, che vi suggerisco.

Ultimamente seguo diversi youtuber e noto che molti sono in età universitaria tra i 22 e i 26 anni. Probabilemente è vero che la massima creatività la si ha sotto i 30 anni ma spero sempre di potermi sbagliare essendo prossimo ai 40.

Ad ogni modo, tra i libri consigliati da Giorgio de Marco mi ha incuriosito “Storia dell’economia” di John Kenneth Galbraith and F. Ghiaia. Come mi sono abituato a fare appunto qui alcune note personali per non dimenticarmi quello che ho appena letto e che mi ha colpito.

Cosa mi porto a casa da questa lettura

  • L’economia non nasce come una scienza e non ha sempre utilizzato la matematica per descrivere i propri modelli, anzi per capire l’economia va contestualizzato il periodo storico nella quale certe teorie sono state sviluppate.
  • Le questioni principali sono:
    1. la determinazione dei prezzi
    2. la distribuzione dei proventi
    3. la quota dedicata ai salari, agli interessi, ai profitti
    4. la rendita di beni immobili o degli oggetti inpiegati nella produzione.
  • Spesso i temi del punto precedente non hanno avuto importanza nella stessa maniera perchè non centrali per il contesto storico.
  • Per esempio dalle città stato greche, all’impero romano fino a tutto il Medioevo l’attività produttiva principale era l’agricoltura e l’unità produttiva la famiglia mentre la forza lavoro era costituita dagli schiavi, per questo il tema dei salari non era sentito così come era assulutamente condannato l’interesse da prestito di denaro. Senza salari anche il concetto di prezzo era poco importante anche se già Aristotele notava come beni essenziali, come l’acqua erano considerati meno pregiati di altri invece futili. Questo pensiero è alla base della differenza tra valore d’uso e valore di scambio.
  • La moneta all’inizio era usata solo come mezzo di intermediazione tra gli scambi.
  • Già gli antichi Romani avevano dato identità formale alla proprietà privata.
  • Il cristianesimo ha portato una serie di conseguenze influenti sulla morale e sull’uso del denaro, sugli interessi da prestito, così come sulla società e sulla dignità del lavoro sfidando il potere del sistema instaurato.
  • Il Medioevo è caratterizzato da un lato dai proprietari terrieri, feudatari e re e dall’altra dalle corporazioni artigiane che regolavano prezzi e salari dei lavoranti. Tommaso D’aquino aveva già parlato di prezzo di mercato equo, predecessore del concetto di salario minimo. D’altro canto la rigida gerarchia distribuiva bene e servizi in base al diritto e non al prezzo.
  • Successivamente con l’aumentare del potere dei mercanti e il disgregarsi di alcune monarchie nase quello che viene definito capitalismo mercantile o mercantilismo che copre i secoli che vanno da metà XV a metà XVIII. Di questo periodo ricordiamo:
    • La comparsa delle banche in Italia e in Europa, soprattuto per finanziare le attività mercantili
    • I viaggi di scoperta, con conseguente afflusso di nuove merci ma soprattutto di oro e argento
    • L’aumento dei prezzi, manifestazione della teoria quantitativa della moneta ossia dato il volume di scambi, i prezzi varieranno in proporzione diretta all’offerta di moneta
    • Aumento e consolidamento dell’autorità dello Stato Moderno e della sua relazione con l’interesse dei mercanti. Conseguneza di questo connubio i primi monopoli e relativi meccanismi di protezionismo.
    • La nascita delle società anonime istituite come compagnie per azioni (joint-stock companies) usate dalle nazioni come strumenti di commercio ma anche di guerra.
    • I fisiocratici che davano più importanza alla proprietà terriera e al concetto di laissez faire, cioè del non internveto dello stato nelle questioni economiche
  • Con l’avvento della prima rivoluzione industriale in Inghilterra nell’ultimo terzo del XVIII secolo ricordiamo:
    • La pubblicazione di Wealth of Nations di Adam Smith (1776). L’individualismo che porta al bene comune. La divisione del lavoro, la sua specializzazione che porta alla efficienza produttiva.
    • Con Adam Smith si inizia a parlare di prezzi in rapporto al costo, alla quantità di lavoro e al concetto di salario come valore aggiunto sul bene prodotto. Altro aspetto importante è la sua raccomandazione al libero scambio tanto da formulare che tanto più ampia è l’area di scambio, tanto maggiori saranno le opportunità di specializzazione. Così come Smith dichiara che la divisione del lavoro sia limitata dalle dimensioni del mercato.
    • Smith introduce il principio della concorrenza e della tassazione progressiva
    • La legge di Say dei mercati: la produzione di merci genera una domanda aggregata sufficiente ad acquistare tutta la produzione. In pratica non considerava il concetto di sovraproduzione (anche perchè al tempo non c’erano le condizioni perchè si verificasse come accadde in seguito).
  • La Gran Bretagna domina il XIX secolo (come letto anche in “Il secolo asiatico”) e il XX è il secolo degli Stati Uniti. In questo periodo iniziano a vacillare alcune teorie classiche e neoclasische. Il libero scambio funziona per i primi arrivati come la Gran bretagna ma per i ritardatari come gli Stati Uniti il protezionismo diventa un’arma per salvaguardare gli interesi delle giovani aziende interne nei confronti di quelle straniere.
    • Si inizia a parlare dei lavoratori e dei loro diritti, anche in risposta alle teorie marxiste
    • Si iniziano a intuire teorie per le quali il valore dei prodotti dipende dalla disponibilità e dall’utilità dell’unità marginale cioè l’utilità dell’unità ultima e meno desiderata
    • Le merci vengono prodotte a livelli di costo diversi ed anche in questo caso quello che conta è il costo marginale
    • Karl Marx sconvolge l’economia con il suo Manifesto del Partito comunista del 1848. L’operaio che lavora in condizioni di produttività marginale riceve un salario che è uguale al contributo che il prodotto del suo lavoro dà ai ricavi totali dell’impresa. In forza dell’inesorabile legge dei rendimenti decrescenti, con l’aumento del numero degli operai questo contributo diminuisce. E il salario marginale fissa il livello del salario per tutti gli operai.
  • Nel XXI secolo alcuni spunti interessanti sono:
    • la preoccupazione politica non è più quella di assicurare la produzione ma l’occupazione
    • Le aziende e le organizzazioni hanno un ruolo sempre più centrali e in antitesi con gli stati nazionali
    • Il sindacato ha un potere monopolistico che sottrae i salari al libero e intelligente funzionamento del mercato.
    • L’uso della moneta, la sua creazione in controvalore aureo fino al superamento del gold standard. Nel 1911, in The Purchasing Power of Money, Fisher esprime la sua equazione degli scambi o equazione quantitativa: i prezzi variano con il variare del volume della moneta in circolazione, tenuto il debito conto della sua velocità di circolazione o del numero di transazioni nelle quali essa serve.
    • Il socialismo di Lenin la classe lavoratrice dei paesi industriali non ha patria, ma un idela comune. Per contrastare questo movimento e modello si introduce il concetto di Stato assistenziale già da tempo introdotto da Otto von Bismarck in Germania nella fine del’ottocento.
    • John Maynard Keynes (1883-1946), nel 1936, pubblica l’opera The General Theory of Employment Interest and Money, che nella storia dell’economia fu un evento di importanza paragonabile alla pubblicazione di Wealth of Nations di Adam Smith nel 1776 e della prima edizione del Capitale di Marx nel 1867. La Grande Depressione degli anni 30 smontano molte teorie nelle quali qualunque livello di produzione sarebbe dovuta essere assorbita dalla domanda dei lavoratori. La questione importante è come si determini il livello della produzione e dell’occupazione. All’aumentare della produzione, dell’occupazione e del reddito diminuisce il consumo dagli incrementi addizionali di reddito: nella formulazione storica di Keynes, diminuisce la propensione marginale al consumo. Ciò significa che i risparmi aumentano.
    • Lo stato può intervenire secondo Keynes per stimolare attraverso il debito pubblico la domanda. Da queste osservazioni nasce la divisione tra microeconomia e macroeconomia, politica economica. Keynes liberò il capitalismo dall’incubo della depressione e della disoccupazione.
    • Friedman fu, e rimane, il principale esponente americano del mercato concorrenziale classico.
    • La grande dialettica del nostro tempo non è, come si supponeva in passato e come suppongono alcuni ancora oggi, quella fra capitale e lavoro, bensì quella fra l’impresa economica e lo Stato. Il conflitto moderno è quindi fra impresa e governo.

Conclusione

L’economia è una degli ambiti di più interesse negli ultimi decenni. Molti studenti indirizzano i loro sforzi in queste materie. E’ molto interessante vedere come questa materia sia strettamente legata al contesto del momento e come solo chi riesce a leggere gli eventi contemporanei per fare previsioni può vincere. In fondo l’economia descrive, ultimamente con strumenti matematici come avvengono i meccanismi che regolano la creazione di merci, scambi, investimenti, prestiti e salari.

Ultimo aspetto che va di moda e che in questo libro non si accenna perchè ormai scritto 30 anni fa è l’economia comportamentale nella quale i meccanismi di scelta umana vengono letti in chiave economica… chissà se leggerò qualcosa a riguardo in futuro.

Riferimento

John Kenneth Galbraith, Storia dell’economia, Rizzoli, 31 gennaio 1990. Amazon.

La più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere la gente ad accettare le nuove idee, ma dal persuaderli ad abbandonare le vecchie. (John Maynard Keynes)


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Scritto da Giuseppe Caliendo con amore 💖 dall'Italia. [Twitter] [LinkedIn][Github][Tutti i tag]

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